PROVE PLIDA (esercitazione/analisi in itinere)



ESERCIZIO / PROVE PLIDA

Analisi Prova Livello A1
M: Federica, ma tu come torni a casa? (ridondanza del soggetto + dislocazione sx?) Vuoi venire in macchina con noi?
L’autobus a quest’ora non passa più… (deittico)
F: Sì, ma non ti preoccupare, io abito qui vicino (deittico), faccio una passeggiata… (ridondanza del soggetto)
M: Ma no dai (connettivo testuale/demarcativo), vieni con noi, così (consecutivo/causale) arrivi subito. Poi (connettivo semantico) fa freddo…
F: Va bene dai (connettivo testuale/demarcativo), allora (congiunzione conclusiva/connettivo)se c’è posto vengo con voi.

Italiano neo-standard
Diamesia: parlato-parlato
Diafasia: familiare/colloquiale
Diastratia: giovanilese
Uso di paratassi, subordinata ipotetica


Analisi Prova Livello A2
M: Senti, tu l’hai visto l’ultimo film di Sorrentino? Ti va di andarci stasera? (ripresa cataforica, ridondanza, uso di ci con valore rafforzativo)
F: Mi dispiace, ma l’ho visto proprio ieri… (ripresa anaforica)
M: Ah, che peccato! Ma ti va se ci vediamo comunque? Magari andiamo a cena?
F: Volentieri, però stasera ho già un impegno a cena. Se vuoi ci (uso di ci con valore rafforzativo)
possiamo prendere un aperitivo. Sennò ci vediamo un’altra volta.
M: Ma no (connettivo), un aperitivo per me stasera va bene, allora (congiunzione conclusiva/connettivo) facciamo (lessico polisemico) alle sette e mezza sotto da te?
F: Va bene

Italiano neo-standard
Diamesia: parlato-parlato
Diafasia: familiare/colloquiale
Diastratia: giovanilese
Semplificazione dei periodi, uso di congiunzioni e connettivi


Analisi Prova Livello B1
I primi natali, di quelli che mi ricordo – era tempo di guerra e di conseguenza mancavano tantissime cose – e mi ricordo che noi, i bambini, ci mettevamo alla vigilia a dormire nel lettone grande con i genitori, e la mattina quando ci svegliavamo trovavamo sul letto mandarini, caramelle e qualche cioccolatino molto molto raro che era di chi arrivava prima (per lo più ero sempre io perché ero un pochino più prepotente di mia sorella). Comunque eravamo contente lo stesso perché avevamo soprattutto tanto amore, sia da parte dei genitori, sia da parte dei nonni, degli zii e delle zie. Adesso io ho visto il Natale dei miei nipoti è non c’è paragone perché questi bambini aspettavano il Natale, ma aspettavano principalmente che cosa? Il regalo. Di Gesù bambino, finché ci han creduto. Il regalo dei nonni quando non hanno creduto più a Gesù bambino. Per esempio il piccolo comincia già a dire “io vorrei questo, questo e questo”. Per certi aspetti oggi è molto meglio, per certi altri non lo so, perché io mi ricordo che per il Natale dei miei figli venivano i nonni, venivano le zie, le prozie e si faceva la classica tombola con tanto di premi e di soldi. E si passava il tempo insieme a tutta la famiglia, sia agli anziani, come mio nonno che aveva più di ottant’anni, e sia ai più giovani che erano i miei figli…

Italiano neo-standard
Diamesia: scritto-parlato (si trovano tipiche costruzioni del parlato)
Diafasia: familiare/colloquiale
Diastratia: racconto “generazionale”
Frasi scisse, ridondanza dei pronomi/soggetti, uso elativo dell’aggettivo,
uso della paratassi, largo uso dell’imperfetto per la narrazione e succedersi degli eventi, forme attenuative (un pochino)


Analisi prova di livello B2
Da anni il cinema italiano, anche quello bello e riconosciuto nel mondo, non racconta il presente oscuro del Paese, ma un passato fin troppo riconoscibile. Basta sfogliare l’elenco degli ultimi Oscar, da Mediterraneo di Salvatores a La vita à bella di Roberto Benigni, passando per il Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore. Storie d’italiani d’altri tempi, immersi in una guerra o usciti da un dopoguerra, intrisi di vitalismo, in lotta per la sopravvivenza, poveri ma giovani e belli, come in fondo erano anche i piccoli criminali di Scampia nel magnifico Gomorra di Garrone. Con La grande bellezza Sorrentino esce da ogni pur nobile cliché prestito, da ogni tentazione nostalgica, per raccontare l’Italia qui e ora, il volto e il vuoto terribile del nostro declino di nazione ormai ricca, ma brutta e invecchiata. Ancora avvolta nel mistero di una grande bellezza che non riesce però più a godere e nemmeno a vedere, allucinata dalla rincorsa a un’amarissima dolce vita nella quale dissipare gli ultimi talenti, il ricordo di una vitalità e di un’innocenza perdute per sempre. […]
«Non volevo uno sguardo univoco, un dito puntato» racconta il regista. «Le feste romane del film sono anche attraenti, erotiche, pazze. Più divertenti di quelle vere, alle quali sono andato per ispirarmi, e mi sono annoiato a morte. Le ho dovute reinventare. Sono rimaste alcune cose, per esempio il fatto che tutti ci vanno per mostrarsi e nessuno ascolta nessuno. Il mescolarsi di universi, il giornalismo e un certo clero attratto dalla mondanità, la politica e gli artisti. Uniti da un’opportunità di distrazione, dalla volontà di nascondere sotto un mare di lustrini la grande fatica di vivere nel vuoto.. Al centro c’è Gambardella, disilluso, intelligente, ironico, ma almeno capace di sincerità, a volte anche spietata, rispetto alle ipocrisie dell’ambiente che lo circonda. […]
Colpisce, arrivando a Roma, come tanta bellezza passi sopra le teste, nell’indifferenza totale. Ho il vantaggio di essermi trasferito qui da poco, ho conservato l’occhio incantato del turista. Per le riprese ho passeggiato in una città che ancora non conoscevo bene, Villa Medici, Palazzo Spada, la prospettiva del Borromini, gli interni di certi palazzi della nobiltà nera, i ponti sul Tevere, l’unicità di questi luoghi dove sacro e profano convivono con il caos infernale dei motorini, il rumore stordente della grande metropoli». […]
Gli omaggi diretti e indiretti a La dolce vita, sui quali Sorrentino preferirebbe sorvolare («Ogni paragone con la grandezza di Fellini è improponibile»), nulla tolgono all’assoluta novità del film. Ma almeno uno è inevitabile. Come quello fu l’apoteosi dell’identificazione artistica fra un grande regista e un grande attore, Fellini e Mastroianni, così La grande bellezza segna il punto perfetto di simbiosi fra Paolo Sorrentino e Toni Servillo. «È stato importante avere per questo film un rapporto non soltanto professionale con un grande attore, ma anche un’amicizia, una lunga condivisione, un progetto. Non sempre un regista ha il totale controllo o la consapevolezza di quanto vuole dire. In questo caso la verità è che Toni ha capito il suo personaggio meglio di me che l’avevo scritto».
(tratto da Il venerdì di Repubblica del 3 maggio 2013)

Italiano standard
Diamesia: scritto-scritto
Diafasia: formale, aulico
Diastratia: italiano colto
Uso di paratassi, frasi nominali/giornalistico, forestierismi


Analisi prova di livello C1
Devo confessare che da ragazzo invidiavo i giornalai perché avevano a disposizione una gamma così vasta di fogli da leggere senza pagare nulla. Ebbene, tra i tanti indizi possibili di una metamorfosi generazionale ce n’è uno che riguarda proprio il rapporto con la carta stampata e che mi ha colpito già anni fa, quand’ero ancora a Milano, direttore della Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana. Il "Corriere della Sera" patrocinava una grande mostra del Codice Atlantico di Leonardo da noi custodito e quindi ogni mattina lasciava in offerta gratuita una pigna di giornali. Giungevano i visitatori adulti e tutti si affrettavano a prenderne una copia. Giungevano anche gruppi di ragazzi delle medie superiori: ebbene, nessuno di loro si sognava di raccogliere quel quotidiano.
A tutti è facile avere una controprova: basta salire al mattino su una metropolitana e verificare quanti studenti abbiano coi libri scolastici un giornale... Un mese fa un lettore dell’Espresso di Chiavari mi ha scritto: «In un’intervista una volta Lei si è dichiarato culturalmente un eclettico. Ma ci sarà pure un campo di interessi che in questa fase storica considera fondamentale». La risposta è per me facile: la cultura giovanile (e lasciamo perdere le discussioni su questa formula che non vuole essere né censoria né da apartheid). Che sia avvenuto un salto generazionale lo si registra subito a livello di comunicazione. Già in partenza, infatti, mi accorgo che il loro udito è diverso dal mio: mi sono persino esposto all’ascolto di un cd di Amy Winehouse per averne la prova immediata. Eppure in quei testi così lacerati musicalmente e tematicamente emerge una domanda di senso comune a tutti. La loro lingua è diversa dalla mia, e non solo perché usano un decimo del mio vocabolario. I nostri ragazzi sono nativi digitali e la loro comunicazione ha adottato la semplificazione del twitter, la pittografia dei segni grafici del cellulare; al dialogo fatto di contatti diretti visivi, olfattivi e così via hanno sostituito il freddo “chattare” virtuale attraverso lo schermo. La logica informatica binaria del save o delete regola anche la loro morale che è sbrigativa: l’emozione immediata domina la volontà, l’impressione determina la regola, l’individualismo pragmatico è condizionato solo da eventuali mode di massa (si pensi al tatuaggio, alla movida notturna, alle gang, ai giochi estremi, all’estetica del “trasandato”, del trash e del graffito...).
Il loro passeggiare per le strade con l’orecchio otturato dalla cuffia delle loro musiche segnala che sono “sconnessi” dall’insopportabile complessità sociale, politica, religiosa che abbiamo creato noi adulti. In un certo senso calano una visiera per autoescludersi anche perché noi li abbiamo esclusi con la nostra corruzione e incoerenza, col precariato, la disoccupazione, la marginalità. E qui dovrebbe affiorare un esame di coscienza nei genitori, nei maestri, nei preti, nella classe dirigente. La “diversità” dei giovani, infatti, non è solo negativa ma contiene semi sorprendenti di fecondità e autenticità. Pensiamo alla scelta per il volontariato da parte di un largo orizzonte di giovani, pensiamo alla loro passione per la musica, per lo sport, per l’amicizia, che è un modo per dirci che l’uomo non vive di solo pane; pensiamo alla loro originale spiritualità, sincerità, libertà nascosta sotto una coltre di apparente indifferenza. Per questi e tanti altri motivi mi interesso dei giovani che sono il presente (e non solo il futuro) dell'umanità; dei 5 miliardi di persone che vivono nei paesi in via di sviluppo più della metà sono minori di 25 anni (l’85 per cento dei giovani di tutto il mondo). Ed è per questo che, abbandonando le pur necessarie analisi oggettive socio-psicologiche sulla fede nei giovani, ossia sul senso della presenza religiosa in essi, preferirei puntare sulla fede nei giovani, cioè sulla fiducia nelle loro potenzialità, pur sepolte sotto quelle differenze che a prima vista mi impressionano.
(Tratto dall’Espresso, n. 51, del 20/12/2012)

Italiano standard
Diamesia: scritto-scritto
Diafasia: formale, aulico (sottocodice settoriale – competenze specifiche)
Diastratia: italiano colto
Uso di paratassi, frasi nominali/largo uso di forestierismi, uso dell’imperfetto per la narrazione nel passato, linguaggio sostenuto: rideterminazione semantica, uso del congiuntivo, utilizzo di frasi complesse.

Analisi prova di livello C2
Gli Sforza. Che cosa era stata la Lombardia degli Sforza sotto Ludovico il Moro nessuno lo sapeva meglio di me: e da questa certezza giungevo al punto corrusco che esisteva nel mio animo sempre pronto a levare fiammate. Come un lampo crudele e orgoglioso un pensiero attraversò la mia mente. Forse la sciagura di oggi non sarebbe accaduta se un destino nemico non mi avesse toccato in una zona vitale dove avvertivo ancora una perdita senza compensi: perché Ludovico Sforza aveva chiesto me per moglie a mio padre, e se il messo si fosse presentato a Ferrara appena qualche giorno prima i patti nuziali tra me e Francesco non sarebbero stati firmati. Senza mancare una battuta, mio padre aveva offerto al Moro mia sorella Beatrice; era sempre un’estense anche lei, quella mia sorella brunetta, somigliante all’avo re Ferrante d’Aragona nelle gote pesanti e nella pelle olivastra, che portava due ciocche pendule ai lati del viso per disegnare più affilato l’ovale. …..

Maria Bellonci, Rinascimento privato

Italiano standard
Diamesia: scritto-scritto
Diafasia: formale, aulico
Diastratia: italiano colto, poetico
Variante diacronica, lessico alto

Uso di paratassi, frasi nominali/largo uso di forestierismi, uso dell’imperfetto per la narrazione nel passato, linguaggio sostenuto: rideterminazione semantica, uso del congiuntivo, utilizzo di frasi complesse.










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